Consigli di lettura/L’arte di essere fragili

L’arte di essere fragili è il quarto romanzo di Alessandro D’Avenia, scrittore da me molto apprezzato, il quale si conferma molto abile a toccare le corde profonde del cuore anche in questo suo ultimo lavoro.

Il libro si basa sul pensiero di Giacomo Leopardi, soprattutto sui Canti e sullo Zibaldone e, partendo da esso, cerca di analizzare tutte le varie fasi dell’esistenza, con i relativi dubbi, incertezze e, soprattutto, fragilità tipiche dell’animo umano.

Esso si divide in quattro parti: adolescenza, maturità, riparazione e morte, corrispondenti più o meno ai momenti fondamentali della nostra vita, che sono così analizzati con l’ausilio dei versi leopardiani, creando un affascinante parallelismo tra i sentimenti e le emozioni del poeta di Recanati e quelli di ogni potenziale lettore, che in Leopardi finisce inevitabilmente per immedesimarsi e riconoscersi.

D’Avenia, evidenziando infatti le sue fragilità, cerca di spingere i giovani a non aver paura delle proprie, a non nasconderle o vergognarsene, ma, al contrario, a mostrarle con orgoglio e a farne un punto di forza, in quanto la meta a cui deve mirare l’uomo non è la perfezione, impossibile da raggiungere, ma la capacità di scoprire la propria vocazione, i propri sogni, le proprie inclinazioni, per provare a seguirle e a realizzarle appieno, senza timore, come ha fatto Leopardi, anche a costo di errori e sacrifici.

Il romanzo vuole quindi mettere in evidenza come ognuno di noi debba provare a realizzare se stesso e le proprie aspirazioni senza paura, avendo il coraggio di guardarsi dentro, nel profondo del suo animo, anche grazie a quelle capacità immaginifiche, legate alla fantasia e all’immaginazione, che tanto erano sviluppate nel pensiero leopardiano.

Certo D’Avenia sottolinea come per il poeta di Recanati, circondato da una natura ancora viva ed incontaminata, questo fosse più facile, perché l’immaginazione si nutre della bellezza del creato, mentre per i ragazzi di oggi, spesso immersi in un mondo virtuale, dove è possibile trovare tutto e subito, ma nel quale in parte si è persa la capacità di fermarsi a contemplare la natura nella sua bellezza e perfezione, naturalmente è tutto più difficile.

Tuttavia, proprio per questo motivo, lo scrittore invita i giovani a fermarsi a riflettere, a guardarsi dentro, a soffermarsi sui pensieri della propria anima, allo scopo di trovare quelle risposte fondamentali sul senso della propria esistenza che l’uomo da secoli, in qualsiasi epoca e tempo, si è sempre posto e che sono necessarie alla piena realizzazione di se stessi e della propria felicità.

Un libro quindi molto interessante e utile anche a noi docenti per avvicinare i nostri alunni ad un autore spesso avvertito come pedante e pessimista, qui presentato invece in un’altra veste, più intima, privata, come il poeta capace di celebrare la vita in tutte le sue sfaccettature, belle e brutte, nel quale ciascuno di loro non potrà fare a meno di identificarsi, ritrovandosi in quella fragilità, caratteristica comune ad ogni essere umano, la quale ci unisce tutti inevitabilmente in quella “social catena”, che il buon Giacomo cita nella Ginestra, suo testamento spirituale, come unico riparo e rimedio alle sofferenze e alle difficoltà della nostra vita.

 

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