L’ultimo romanzo che ho letto, L’usignolo, di Kristin Hannah, è stato davvero entusiasmante e coinvolgente. La vicenda è ambientata nella Francia occupata dai Tedeschi e ha al centro due sorelle, apparentemente diversissime, ma in realtà molto simili nel loro eroismo: Vianne ed Isabelle Rossignol.
La prima è una donna molto razionale, riflessiva e piena di dubbi, che si trova a dover affrontare da sola, con la responsabilità della figlia Sophie, le difficoltà della guerra perché il marito Antoine, all’indomani della disfatta francese, è prigioniero in un campo tedesco. Vianne dovrà prendere decisioni molto difficili, specie dopo che la sua casa verrà scelta come dimora per acquartierarsi da un ufficiale tedesco, il capitano Beck e, sorprendendo il lettore in quello che appare essere un vero e proprio percorso di formazione, sarà in grado di compiere scelte estreme e coraggiose.
Isabelle è una diciottenne ribelle, che è stata espulsa da tutte le scuole in cui il padre, incapace di badare a loro due dopo la morte della madre, l’ha iscritta negli anni della sua infanzia ed adolescenza. Sente forte su di sé il peso del rifiuto del padre, che neppure Vianne, pur essendo più grande di lei di 10 anni, ha saputo colmare, perciò ha un disperato bisogno di amare ed essere amata. E’ impulsiva, testarda, forte e coraggiosa, tanto da non esitare un istante ad entrare nella Resistenza francese, incurante delle conseguenze e del rischio mortale a cui si sta esponendo, perché non conosce le mezze misure, si getta a capofitto in ogni cosa, anche nell’amore, difficile e struggente, che la lega a Gaetan, giovane partigiano.
Il romanzo ci offre un affresco molto realistico della Francia dell’epoca, colpita al cuore dalla guerra: dai bombardamenti all’occupazione tedesca, dalle persecuzioni alle deportazioni degli Ebrei, nulla ci viene risparmiato e tutto è reso nella sua tragica commozione e, contemporaneamente, nel suo crudo realismo. Eppure, negli orrori e nella disperazione della guerra, ci sono barlumi di speranza: il capitano Beck, soldato della Wehrmacht, che ha mantenuto la sua umanità, Isabelle e Vianne, capaci di rischiare la loro vita per quella degli altri, Jeanne Rossignol, padre delle due ragazze, il quale si riscatta con un gesto estremo.
Il messaggio dell’autrice allora sembra voler essere uno soltanto: davanti al dolore, al male, non si può rimanere indifferenti, girare la testa dall’altra parte, ma è necessario fare qualcosa per i nostri simili, restare umani, perché, come la stessa Kristin Hannah ha evidenziato: “In amore scopriamo chi vogliamo essere, in guerra scopriamo chi siamo”. Oppure, se volessimo ricollegarci al mondo latino, potremmo ricordare le parole di Terenzio nell’Heautontimoroumenos: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”.
Un’ultima riflessione sulle figure femminili: la vicenda è senza dubbio un elogio al grande coraggio dimostrato dalle donne durante la guerra, che purtroppo non ha ottenuto il giusto riconoscimento dalle fonti ufficiali, ma che non deve essere assolutamente dimenticato per il ruolo chiave che queste svolsero durante quegli anni difficili.