Ho appena terminato di leggere, dopo averlo aspettato in trepidante attesa nelle ultime settimane, il seguito de La Bastarda degli Sforza, di Carla Maria Russo. Il nuovo romanzo si intitola I Giorni dell’amore e della guerra, ma mentre il primo, di cui consiglio vivamente la lettura, si concentrava sull’infanzia di Caterina Sforza e sugli anni del suo infelice matrimonio con il primo marito, Girolamo Riario, il secondo volume della saga prende invece le mosse dai giorni successivi alla sua vedovanza ed ha il suo focus nella storia d’amore travolgente che legò la Tigre di Forlì al suo secondo marito, Giacomo Feo.
In seguito alla congiura in cui è stato ucciso il suo primo consorte, infatti Caterina è finalmente libera e, dopo aver dovuto subire per anni sulla sua pelle decisioni dolorose e utilitaristiche che altri, prima la sua famiglia, gli illustri Sforza di Milano, e poi il suo sposo, Girolamo Riario, hanno preso per lei, ora appare padrona del proprio destino. Ed è proprio in questa sorta di rinascita che scopre un sentimento fino a quel momento preclusole: l’amore, il suo cuore, che lei stessa aveva reso di ghiaccio per poter sopportare i dolori patiti e le violenze che, sposa-bambina, aveva dovuto subire, per la prima volta è in grado di ricambiare la passione, che ha gli occhi e il volto di Giacomo Feo, scudiero e fratello del capitano della sua rocca, Tommaso Feo.
Purtroppo, però, la sua felicità è fragile, momentanea ed illusoria, in quanto una società così maschilista e patriarcale come quella dell’Italia rinascimentale di fine ‘400, non può assolutamente tollerare che una donna, mera pedina nelle mani degli uomini, da usare a proprio piacimento per alleanze e disegni politici, possa decidere autonomamente della sua vita e difendere strenuamente il diritto ad essere felice, neanche se si chiama Caterina Sforza.
Come già nel romanzo precedente, sarà proprio la sua famiglia, nella figura di Ludovico il Moro, asceso al trono del ducato di Milano dopo essersi sbarazzato dell’erede legittimo, il nipote Gian Galeazzo, a sferrare ancora una volta un colpo mortale alla sua felicità. Davanti alla sorte avversa Caterina riuscirà però a reagire, prima con una rabbia folle e disumana, e poi cercando di incanalare il suo dolore nel governo del suo Stato, la Signoria di Imola e Forlì, che difenderà strenuamente sino alla fine.
Carla Maria Russo è molto abile nel romanzo ad intrecciare le vicende dei suoi personaggi, la microstoria, con la macrostoria, riuscendo a tratteggiare un affresco molto preciso e veritiero dell’Italia rinascimentale, la quale, dopo la morte di Lorenzo de’ Medici e i quarant’anni della pace di Lodi, stava di nuovo per ripiombare nel baratro della guerra, iniziata con la discesa del re di Francia, Carlo VIII nel 1494, e destinata a durare per tutto il cinquantennio successivo.
L’immagine che emerge è infatti quella di una nazione splendida e fiorente culturalmente, ma troppo lacerata e divisa per riuscire a fronteggiare le mire espansionistiche delle potenze straniere, e leggendo il libro, non può non tornare alla mente quanto del nostro Paese scrisse Niccolò Machiavelli nel suo Principe, proprio sulla scorta delle vicende di quegli anni.
Davvero molto vividi e ben tratteggiati i personaggi della vicenda: Caterina, forte e fragile allo stesso tempo, determinata a difendere la sua libertà e a non accettare supinamente il suo destino di subordinazione in una società che non consente alle donne alcuna autonomia, men che mai di pensiero, come d’altronde sono tutte le grandi figure femminili protagoniste dei romanzi della Russo, da Eleonora d’Aquitania a Costanza d’Altavilla; Ludovico il Moro, accorto stratega, abile e cinico politico, capace di sacrificare chiunque per mantenere il potere, incarnazione del perfetto principe rinascimentale come lo intendeva Machiavelli nel suo capolavoro; Giacomo Feo, grande ed unico amore di Caterina, il quale la ricambia sinceramente, ma che poi si lascia sedurre dalle sirene del potere e della ricchezza a cui lei stessa lo ha innalzato e finisce cosi, inevitabilmente, per diventare come tutti gli altri uomini della sua vita, incapace di concepire un rapporto paritario e desideroso solo di prevaricarla.
Su tutti quindi troneggia la figura della Signora di Forlì, eroina moderna e quanto mai attuale nella sua volontà di reggere le fila del suo destino e che in una società come la nostra, nella quale ancora troppe donne sono oppresse, non sono libere di condurre la loro vita come vorrebbero o sono discriminate e devono fare molta più fatica degli uomini per affermarsi, ci lascia con un interrogativo: ma la situazione attuale per le donne è davvero tanto cambiata o c’è ancora parecchia strada da percorrere?
Ai lettori e alla sensibilità di ciascuno l’ardua sentenza, buona lettura a tutte/i 🙂
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A presto
Massimiliano
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Certo, ti ringrazio, mi fa molto piacere :-). Per quanto riguarda l’ebook ovviamente lo pubblicizzerò fra i miei contatti e, dato che ora mi sono incuriosita, penso proprio che l’acquisterò ;-). Sono contenta che la mia recensione ti sia piaciuta.
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grazie, a presto.
Massimiliano
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